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Lettera Settembre 2024

Carissimi,

scrivo in un momento particolarmente significativo per la nostra comunità.

Il mese di Settembre vede ormai imminente la visita pastorale, fissata nei giorni 14-15-16 p.v. e, direttamente o indirettamente, apertamente o tacitamente, il nostro territorio sarà toccato dalla presenza di sua Eccellenza, Monsignor Giovanni Accolla, Arcivescovo di Messina – Lipari – S. Lucia del Mela. Di certo, scrivere in questa fase risulta essere più semplice e naturale, in quanto io sono scevro da qualsiasi condizionamento dell’esito di suddetta Visita e la mia comunità non ha alcun vincolo sul discernimento che potrà e dovrà fare della stessa. Anche questo è dono fatto alla Chiesa e al mondo, un dono che siamo chiamati in quanto battezzati e appartenenti ad una realtà parrocchiale a sviluppare e a vivere, intensificando progressivamente la nostra partecipazione e il nostro servizio per e nella Chiesa. Ministri, religiosi, operatori pastorali e fedeli, siamo invitati tutti a tradurre esplicitamente la nostra spiritualità in presenza fattiva e attiva.

Da qualche settimana mi tornano in mente le parole del Vangelo secondo Matteo (18,19-20): In verità io vi dico! Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualcosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Poiché dove sono due o tre riuniti nel mio Nome, lì sono io in mezzo a loro.

Non intendo fare una lezione di ecclesiologia (chi volesse cimentarsi in questo trattato potrebbe consultare il testo del vescovo Erio Castellucci, La famiglia di Dio nel mondo, Cittadella 2012), ma il mio intento sarà quello di mettere brevemente a fuoco l’insegnamento evangelico di Gesù e le ricadute sul nostro modo di essere comunità. È vivendo la nostra spiritualità che ci dissetiamo ai fiumi di acqua viva e ci trasformiamo in acqua viva per gli altri.

S. Matteo pone sulla bocca di Gesù parole che vanno contestualizzate perché, rivolte ai cristiani che provenivano dal Giudaismo, hanno avuto su questi ultimi un effetto alquanto destabilizzante.

Quando tanti pensavano – e forse lo pensano ancora molti cristiani –  che la comunità fosse composta dall’élite di puri, centrati sull’osservanza della Legge, il Vangelo già 2000 anni fa diceva chiaramente che questa si edifica sopra gli esclusi e i piccoli, sopra gli stessi peccatori perdonati. Infatti, i versetti che precedono la citazione riportata (la correzione fraterna) e quelli che seguono (il perdono cristiano, con Pietro protagonista di “quante volte dovrò perdonare”) mettono in risalto il ruolo vitale degli “ultimi” all’interno della comunità.

Gesù sta in quelli che si riuniscono nel suo Nome e vivono la concordia fraterna, essendo Lui stesso “Dio con noi” (Mt 1,23 e 28,20). Questa comunione fraterna della Chiesa non è il risultato di qualche opera fatta dagli uomini che possa essere regolata per legge, ma emerge e si coltiva in forma di preghiera, cioè come incontro personale di alcuni fratelli e sorelle che dialogano fra loro dialogando con Dio. Stando al dettato evangelico, l’autorità suprema è lo stesso dialogo orante, cioè l’unità comunitaria che si esprime lì dove due o tre sono concordi (in greco c’è il verbo symphoneìn, da cui deriva “sinfonia”), in modo che lo stesso Dio Padre approva la preghiera di questa comunità, cioè la sua stessa vita, che ruota attorno al domandare qualcosa.

Questa autorità non è il privilegio di uno né dell’altro. È soltanto comunione fraterna, avendo Gesù dato delle chiare indicazioni: “se tuo fratello ha peccato…e non ti ascolta, prendi con te due o tre testimoni [come nel brano citato] perché ogni sentenza stia sulla parola di due o tre testimoni”.

Per chiudere questo primo punto, aggiungo che Matteo ha instaurato quella forma di autorità di comunione che si fonda nel Padre del cielo e si incarna in Gesù, Dio con noi. Lo stesso evangelista afferma pure che nella comunità ci sono ministeri personali (dottori, profeti, scribi…cfr. 23,34), ma vengono in un secondo momento. La comunione dei fratelli, riunita in preghiera nel Nome di Gesù, è l’autorità suprema.

Ogni comunità si incarna nel tempo e nello spazio e ne vive le ricadute del momento.

Così, dalla fine del II secolo un tipo di Chiesa più attenta allo stile gerarchico del contorno socio-culturale cominciò a convertirsi in un “sistema sacro” molto efficace, organizzato in forma unitaria dall’alto, ma ciò avvenne a discapito della radice fraterna ed evangelica di Matteo, che volle essere fedele all’insegnamento di Gesù.

Arriviamo così ai nostri giorni nei quali, paradossalmente, predomina un tipo di autorità mistica e sociale che ha molti agganci ai vari ambienti di provenienza e che è stata recepita da molti movimenti comunitari attuali. Dai loro frutti li riconoscerete, scrive Matteo (7,16) . Frutti di bontà, generosità, coraggio, pace, forza, limpido cuore, perdono. Grida il profeta: se agisci così, fai vivere te stesso (Ez 18,27), sei il primo che ottiene un guadagno e, di riflesso, la comunità orante. L’alternativa è sempre la stessa tra un figlio che non lavora, con un’esistenza banale e senza frutti, e un’altra vita operosa, che trasforma una porzione di deserto in giardino, in vigna, che trasforma la sua casa, la sua famiglia, il suo paese, la sua comunità, in una porzione del sogno di Dio, anche se nessuno se ne accorge, anche nel segreto, lavando i piedi in silenzio a quelli che sono a lui affidati.

Quanti lavoratori nascosti, segreti, ci sono nella vigna di Dio! E il Vangelo si diffonderà a partire da tutte le piccole vigne nascoste, dove ciascuno si impegna a rendere meno arida la terra, meno soli gli uomini e meno contraddittorio il proprio cuore.

Chiedo: delle parole di Gesù che rappresentano soprattutto una sfida per tutti i cristiani, che cosa rimane oggi? Nessuna comunità dovrebbe delegare lo sviluppo della propria vita ad alcuni individui concreti, siano essi anche superiori.

A tal proposito ricordo a tutti che dal 2 al 27 Ottobre p.v. vi sarà la seconda sessione della XVI Assemblea generale ordinaria per proseguire i lavori del Sinodo sul tema: “Per una chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Secondo il programma già pubblicato, tale sessione sarà preceduta da due giorni di ritiro spirituale per tutti i partecipanti.

Impegniamoci a pregare perché lo Spirito illumini i cuori e le menti dei presenti in modo da poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,2). E Lui, il Dio che ama nutrire, verrà a dare pane a chi ha fame e ad accendere fame di cose grandi in chi è sazio di solo pane.

Auguri di ogni bene,                                                                                    

                                                                                                                           P. Ettore

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