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Lettera Ottobre 2025

Carissimi,

nella prima domenica di questo mese abbiamo celebrato la 111° Giornata Mondiale del Migrante, riflettendo sul tema: “Migranti, missionari di speranza”, questione che affligge l’oggi del contesto geopolitico, socioculturale e religioso nel quale siamo inseriti quali membra vive di una Chiesa orante e in cammino solidale con il mondo. Tuttavia il rischio, come singoli e come comunità, è proprio quello di non prestare attenzione di fronte a siffatta problematica, davanti alla quale spesso risalta la spaventosa indifferenza e un certo pregiudizio, provocati anche da superficiali prese di posizione della politica “repressiva”. Gli effetti del Parallelo Sud continuano ancora ad agire e a condizionare Nord e Sud del Mondo, centro e periferie.

La domanda nasce spontanea: da quale situazione concreta iniziare?

Alcuni mesi addietro, il Mixed Migration Center (Centro Migrazione Mista) con sede a Ginevra ha pubblicato uno studio commentato dal vicedirettore Roberto Farin che annotava come “l’Unione Europea, nel tentativo di fermare le partenze dei migranti, ha stretto accordi con parecchi Stati che si affacciano sul Mediterraneo e alcuni della fascia subsahariana. Questi accordi funzionano per poco tempo, ma sono sempre più costosi. E la domanda di migrazione irregolare rimane forte”.

La logica che sostiene questo processo è lineare: è più semplice vietare che educare.

Vi propongo un altro flash per cogliere bene la dinamica di quanto avviene.

Filippo Grandi, alto ufficiale delle Nazioni Unite per i rifugiati, tre mesi fa scriveva: “I volti critici dei moderni sistemi di asilo stanno fallendo (…) Smantellare il sistema di asilo non solo negherebbe la protezione salvavita a chi ne ha bisogno, ma farebbe poco o nulla per migliorare la situazione alle frontiere di accoglienza”.

Se dovessimo con onestà analizzare le cause di tale approccio, dovremmo affermare con chiarezza che alla base ci sia una deriva politica fondata su scelte che considerano la vita come qualcosa di “facoltativo” e ciò si esplicita nel continuo innalzamento di muri, barriere, recinzioni.

Secondo il volume “Atlas des frontierès-Ottobre 2024 (Atlante delle frontiere), attualmente nel mondo esistono settanta manufatti, fra muri e barriere, …, come se il muro di Berlino, abbattuto dopo trentasei anni, non avesse insegnato nulla!

C’è di più.

Oggi si avverte anche il tentativo di “deumanizzazione” di parecchi Stati nei confronti dei migranti. A tal fine basterebbe riflettere sull’inasprimento delle regole circa i ricongiungimenti familiari, in piena violazione del diritto internazionale.

Se ci chiedessimo come negli Stati “democratici” moderni si è giunti a questa barbarie, la risposta secondo il politologo Frédéric Encel non può che essere netta: “vi è una brutalizzazione del concetto di frontiere”. E dire che la presidente della Banca Centrale Europea ha ribadito più volte che gli stranieri sono un “puntello” per l’economia europea!

La moderna cinematografia ha concentrato il focus con alcune opere di denuncia circa le assurde chiusure dei vari Stati verso i migranti. È più che sufficiente fare ricorso a due film, in realtà due opere d’arte, che raccontano le vicende raccapriccianti di chi vuole raggiungere un Paese europeo, ma viene impedito. Nel 2009 è uscito il film di Philippe Lioret “Welcome” che, fra i riconoscimenti, ha vinto il Premio Lux 2009 del Parlamento europeo; due anni addietro è stata la volta di “Io capitano” di Matteo Garrone che nel 2024 ha conseguito, fra i tanti premi, il David di Donatello come miglior film.

E ancora, a proposito di muri e frontiere sempre più alti e lunghi, non posso non riprendere qualche provocazione di Shahram Khosravi, profugo iraniano, tratta dal volume “Io sono confine”, ed. Elèuthera, 2019.  Recupero il passaggio graffiante con il quale racconta l’annientamento morale, psicologico e fisico di Fatemeh- Kian G., un transessuale iraniano fuggito dal suo Paese che aveva trovato rifugio in Svezia, morto suicida in carcere, dopo aver chiesto ripetutamente aiuto.

Trascrivo solamente il raccapricciante epilogo della sua vita e il disumano trattamento post mortem.

Questo il racconto dell’autore: “Nel gennaio del 2007, quando visitai il cimitero, la sua tomba era ancora priva di una lapide che indicasse chi fosse sepolto là. Il municipio si è giustificato sostenendo di non poter usare il gettito fiscale dei cittadini per dare una lapide a un’immigrata irregolare.

Lo strazio della sua vita e della sua morte, il suo esilio sessuale e geografico, il suo viaggio della speranza e la sua disperazione nel centro di detenzione svedese, e infine l’alienazione dopo la morte, che ha reso definitiva la sua condizione di profuga, mi hanno aperto gli occhi sul mondo in cui vivo”.

Di fronte a queste situazioni di rifiuto e di chiusura, che cosa fanno i cristiani per difendere e promuovere la dignità dei migranti?

Mentre ognuno pensa sul da farsi, propongo un percorso di riflessione “alternativa” alla stratificazione generale.

A livello di documenti c’è una perfetta corrispondenza fra coloro che intraprendono i “viaggi della speranza” e la omonima virtù, se – come dice la Bolla del Giubileo- la “speranza indica la direzione e la finalità dell’esistenza credente”; allora anche i migranti sono “messaggeri di speranza”, così come lo sono stati gli Ebrei che nell’Esodo hanno vissuto un’esperienza segnata dalla speranza di un mondo diverso e nuovo, “dove scorre latte e miele”, dove non si sarebbe più sofferto per la violenza del faraone e del suo esercito.

L’antico popolo in cammino verso la piena liberazione, in un certo senso, prefigura la Chiesa che va incontro alle necessità dei vari popoli che scappano dai propri Paesi colpiti da fame, carestia, guerre, violenze di ogni genere, e cercano aiuto e conforto in un mondo che dovrebbe essere caratterizzato da accoglienza e fratellanza.

Camminare insieme sui sentieri di speranza…

Intrecciare i passi in uno stile di vita che porta a scegliere mete comuni…

Allora sì, che sarà possibile parlare in concreto di gioie condivise e di lacrime asciugate.

Mai senza l’altro! È pure il titolo di un bellissimo libro di Michel de Certeau.

Ciò che è umano non ci è estraneo!

Occorre uscire dal proprio limitato sapere, dal proprio mondo circoscritto e cercare di creare ponti, nessi, riferimenti più ampi, allargando il personale orizzonte di vita, al fine di avere una visione “planetaria”, soprattutto quando la nostra quotidianità si svolge nel Nord Globale.

L’oggi, così pensato e sentito, si proietta nel futuro e diviene attesa, Avvento, speranza in quanto solo il tempo riempito d’amore resta in eterno! La solidarietà è un cuore che si lega all’altro.

Torna l’eco dirompente e sempre forte del piccolo fiore del Carmelo, Teresa di Lisieux, secondo cui solo l’amore spinge all’azione le membra della chiesa, …, l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni e si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi. E la mia mente corre verso un paragone: l’esempio dei muri lungo le stradine di campagna. Sono fatti di soli sassi, senza malta né cemento, quei sassi che vengono scartati dal terreno, raccolti in disparte e, poi, accatastati, stanno insieme per la sola coerenza interna, per una vigna che essi, uniti e solidali, sanno ben difendere.

Ecco perché l’evento della Giornata del migrante non può essere solo una memoria celebrativa, ma un impegno ad aprire mente, cuore e braccia verso questi nostri fratelli, per camminare insieme verso il Signore della vita. Aprire il cuore alla generosità e gli occhi alla lettura della storia, capita dalla parte dei deboli, che, nel Magnificat, sono innalzati, ricolmati di beni, soccorsi, mentre dispersi risultano essere i superbi e rovesciati i potenti dai loro troni, con mani vuote per i ricchi.

Affido la conclusione di questa riflessione ad alcune strofe di un canto di Marcello Giombini che, sull’onda del dopo Concilio (1969), ha profeticamente denunciato e annunciato quello che oggi avviene:

Uscite dal guscio Nazioni/ abbattete i vostri confini/ sono mura di carta velina.

Il mondo che abbiamo diviso/ in recinti di odio e di pianto/ appartiene ad un solo Signore…

Auguri di ogni bene                                                                                                 p. Ettore

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