Pubblicato da: Admin

Lettera Maggio 2024

Carissimi,

è di pubblica conoscenza che il prossimo mese saremo chiamati alle urne per eleggere i rappresentanti all’Assemblea Europea.

Per tanti, purtroppo, non essendovi una ricaduta nel contesto immediato (comunale, regionale, nazionale, provinciale) tale tornata elettorale rappresenterà l’ennesima latitanza dalle urne.

Senza contarne gli assenti cronici! Da cristiani impegnati nel sociale, aperti allo Spirito, siamo chiamati a essere parte attiva nella costruzione di un futuro coerente a tale chiamata.

Osserviamo, ascoltiamo, interroghiamo il mondo; non possiamo rimanere insensibili davanti alle disuguaglianze sociali e culturali, che contraddistinguono la nostra società.

Colgo l’occasione di tale evento per proporre una libera e personale riflessione sul rapporto fra il cristiano e la politica, dicendo subito che il mio intervento non si configura come un insegnamento “ex cathedra”. Approfondirò soprattutto il rapporto fra “trono e altare” che, benché scomparso dall’ordinamento costituzionale, si ripresenta puntuale, magari sotto mentite spoglie, ad ogni appuntamento elettorale. Aggiungo che la metodologia del mio dire ha come substrato la logica del granello di senape (Cfr. Lc 13, 18-19), piuttosto che il tentativo di inserirmi negli snodi politici che contano, per avere visibilità.

Risuona l’eco di don Tonino Bello che definisce il politico, costruttore di pace: I partiti dovrebbero essere corpi intermedi, la cui funzione può essere paragonata a quella che il fusto svolge per la pianta. Il compito del fusto, cioè dei partiti, è quello di coordinare le istanze vive della base per tradurle in domanda politica organica che vada a innervarsi sui rami. I cittadini sono le radici del sistema in quanto detengono la sovranità e delegano il potere ai loro rappresentanti affinché lo esercitino nell’interesse del bene comune. I partiti hanno il compito di incanalare le spinte sociali diverse, organizzando il consenso popolare attorno a una determinata politica.

La politica perciò può essere definita coagulante sociale, in quanto stringe forze diverse attorno a un medesimo progetto.

Lo sfondo del mio ragionamento è senz’altro offerto dalle indicazioni della Sacra Scrittura, fonte vitale, dalla quale scaturisce il discernimento su questa attuale travagliata pagina di storia.

Basta sfogliare la Bibbia per trovarvi le indicazioni, secondo le quali la storia è il luogo in cui si manifesta la signoria di Dio.

Il mondo contemporaneo, nel quale si dipanano le tenebre del dubbio e degli orrori, si interroga: quando finirà questo caos?  È la stessa domanda posta al profeta Isaia (21, 11-12): “Sentinella, quanto resta della notte?”. La risposta del profeta/sentinella è alquanto elusiva: “Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!” e contiene l’unica esigenza vera: ritornare, convertirsi.

Da ciò deriva una prima conclusione. In nessuno dei vari programmi elettorali si trova l’invito a “cambiare modalità”, a convertirsi. Tutto va bene. Ogni proposta è perfettamente articolata per essere a misura di tutti, perfettamente delineata, frutto di lavoro certosino delle varie componenti della coalizione. È vero che la legge elettorale impone alleanze trasversali per riuscire a raccattare quanto più preferenze. E di pari passo, l’esperienza insegna anche che sistematicamente alcuni patti sottoscritti dai vari rappresentanti politici della stessa coalizione, regolarmente, vengono infranti. La storia delle alleanze in vista del governo dello Stato è molto vecchia e, stando alla Scrittura, presenta passaggi “provocatori” anche per i contemporanei.

Tutti conosciamo la vicenda del re Acaz (cfr. Is 7) che al solo udire notizie di movimenti di truppe aramee viene scosso, assieme al popolo, da profonda agitazione e si allea con i re di Damasco e Samaria. Tale coalizione è condannata alla distruzione. L’insegnamento del profeta che ruota attorno alla promessa risuona: Ascoltate, casa di Giacobbe! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele (Is 7,13-14).

Tale provocazione è ancora attuale: il Signore non chiede risposte “militari”, ma la fede perché soltanto in essa si trova vera solidità.

La conclusione di questa vicenda dovrebbe fare riflettere tutti gli elettori e i candidati, seppur con modalità diverse, di fronte alla politica delle alleanze. È illusione bruciante confidare sull’aiuto “interessato” della persona che non può fare altro che promesse, perché l’aiuto gratuito e vero viene da Dio e da coloro che responsabilmente e consapevolmente vivono secondo giustizia e libertà, non facendo della religione una caricatura alimentata dagli specchietti per le allodole.

Quante promesse di “salvezza” nascondono strategie politiche che non coltivano il bene della polis, ma ambizioni autoreferenziali di “dirigenti generali”!

Comprendo bene che in un contesto, in cui diversi ministri del culto si prestano al gioco di politici senza scrupoli per sensibilizzare i fedeli a scelte politiche mirate al supporto di candidati amici, tante sacrestie diventano succursali di segreterie politiche.

In tale ipotesi, mi ritroverei nella “voce che grida nel deserto”, fuori dalla cerchia degli “amici degli amici”, immerso nella solitudine tipica di chi contrappone la “via della fede, che è servizio al popolo, alla “via partitica”, che si serve del popolo, strumentalizzando persino coloro che professano la religione cristiana. Alla Chiesa rimane il compito di intensificare la sua azione che si basa sul rispetto e sulla preghiera, per servire meglio coloro i quali sono chiamati a servire il popolo, non presentando però in alternativa a loro un progetto “altro”, bensì indicando costantemente l’«oltre» di qualsiasi progetto umano. Occorre ripensare se stessi quali buoni cristiani e onesti cittadini, capaci di creare convergenze nuove tra il credere e l’operare.

Nessuno pensi a una mia congiura contro la politica, definita da San Paolo VI “la forma più alta di carità”, piuttosto a un necessario discernimento su quanto sta avvenendo, senza appiattirsi sul sentito dire e su giudizi di comodo. E lo stesso Don Tonino Bello, un utopista illuminato ma con i piedi per terra, nei suoi scritti gioca con l’accezione stessa di politica: la politica è potere, non vi è dubbio; il potere, come potenza d’amore in vista del bene comune, è cosa buona e giusta.

Ciò comporta da parte del cristiano attivo un salto nel comprendere le enormi difficoltà che lastricano il cammino dell’uomo che la pratica, ma anche la capacità di saper ammonire i tronfi e gli arroganti che c’è una giustizia, per taluni metastorica, per altri divina, che si dipana silenziosamente ma efficacemente a favore dei deboli, degli oppressi, degli sfruttati, espressione dei beati di Dio. Crescere sul piano umano è parte integrante del processo di evangelizzazione. Gesù è venuto a portare il fuoco sulla terra. Con la denuncia delle strutture di potere si mette dalla parte delle vittime. Con il rifiuto della logica del mondo annuncia il Regno nuovo fondato sull’amore reciproco, la condivisione con tutti del pane della vita.

Elimina ogni discriminazione culturale, sociale, economica, superando ogni fattore di esclusione.

Carissimi,

prepariamoci alle prossime elezioni europee con la necessaria lucidità e consapevolezza, non facendoci ingannare dai “mercanti di voti” che considerano Dio un fantoccio, quasi un talismano dagli effetti assicurati. Formiamo la nostra coscienza sociale, educata alla soluzione non violenta dei conflitti, per essere noi artefici del cambiamento della nostra vita e dell’ambiente circostante. A noi si richiede oggi autenticità, equilibrio e maturità.

Auguri a tutti di ogni bene nel Signore         

                                                                                                                      p. Ettore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *