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Lettera Gennaio 2023

Carissimi,

l’inizio di questo nuovo anno è stato salutato dalla voce corale dei nostri giovani, ragazzi dell’oratorio e loro animatori, che con vitalità, prontezza e amabilità, con grande forza di volontà, voglia di fare del bene e divertire, hanno inviato al mondo degli adulti, serio, indifferente o appesantito dagli affanni, un messaggio autentico e valido in ogni tempo e in ogni dove. All’apparenza un semplice spettacolo, per qualche intransigente e serioso un banale “Disney Music Therapy”, ma nel concreto tale ripresentazione musicale accompagnata da pregevoli danze di alcuni cartoni del mondo Disney ha suscitato nei presenti una autentica e autorevole riflessione esistenziale.  Sebbene il genere fosse diretto soprattutto al mondo dei bambini, tuttavia le parole dei canti e le storie da esse narrate hanno offerto “una lezione” sugli aspetti più importanti della vita: l’amicizia, l’amore, il rispetto e la fiducia in se stessi. Si è trattato, quindi, di uno spettacolo rivolto anche al mondo degli adulti, proposto non da “professionisti”, ma da “ragazzi semplici”, i nostri ragazzi, la parte buona di una gioventù che crede che insieme sia possibile il cambiamento e auspica una crescita sollecitata e unita dalla forza che viene dall’Alto, condividendo un progetto autentico e diverso dagli stereotipi di una società che tende all’omologazione di massa.

Questi giovani rappresentano la parte bella del nostro prossimo futuro parrocchiale, diocesano, ecclesiale!

Alla fine della performance, tutti hanno sonoramente applaudito e il sindaco ha offerto ai ragazzi l’opportunità di inserire questo spettacolo nel prossimo cartellone estivo delle manifestazioni culturali. Si potrebbe dire, senza montarsi la testa, che il lavoro dell’équipe oratoriana ha avuto ampio riconoscimento artistico e culturale; premiati costanza e impegno assiduo. I giovani dell’Oratorio del Carmelo del Santissimo Salvatore hanno fatto loro le parole di Ermes Ronchi: la vita è amore che parte in pellegrinaggio, esce da sé per andare verso l’altro: amore è estasi dall’io al tu.

   La lettera di questo mese intende essere sia un personale grazie a tutte le persone che si sono adoperate per la buona riuscita dello spettacolo che un tentativo di riprendere le provocazioni principali dello stesso per offrirle come riflessione in vista di un’amicizia sempre più leale. In punta di piedi, provo a farmi interprete del messaggio che i ragazzi hanno lanciato, sperando di non tradire le loro intenzioni.

   L’esordio dello spettacolo è stato contrassegnato dall’ingresso solenne del Principe Alì, che il canto osannava con queste parole: “Avvenente, vale per tre… è bello, muscoloso, davvero meraviglioso…”, quasi un inno alla bellezza fisica che da sola produce solo ricadute effimere in un mondo inondato dalla logica dell’apparire.

Voleva, forse, essere una modalità per scuotere dal torpore che anestetizza anche il mondo dei grandi nel rifiutare la ricerca dell’equilibrio e l’armonia che contrasti il sentimento di uno scarto che colpisce soprattutto i giovani che non rientrino nei canoni mondani della bellezza?

Ancor prima di un fatto puramente estetico, la bellezza è il segno di una gratuità e di una solidarietà che vanno molto al di là del rapporto strumentale offerto dal corpo. Penso che le provocazioni delle parole del canto ci obbligano a scoprire la bellezza che è dentro ciascuno di noi, perché solo chi sa di appartenere al mondo ricco di spiritualità e grazia può andare oltre l’opacità della realtà materiale. Ritornare all’incanto iniziale di Dio, conquistare il suo sguardo e salvare il suo stupore: l’universo cessa allora di essere un semplice dato di fatto; si rivela come un dono da accogliere e da celebrare. A questa divina meraviglia possiamo ancora tutti accedere nei giorni bui, nei giorni del disincanto, quando troppe ombre invecchiano il cuore, come hanno ricordato i nostri giovani.

Eco–risposta si fa il canto: “Hakuna Matata”, con il suo martellante ritornello: “Senza pensieri…è la nostra filosofia…”. Il messaggio è diretto: non tutto può essere riportato alla dimensione dell’effimero, dell’apparente, del contingente perché misurarsi con difficoltà e problemi non significa necessariamente essere tristi e infelici. Il tutto va vissuto in modo costruttivo e, in tale prospettiva, ogni difficoltà serve comunque a consolidare l’amicizia, amicizia che spesso risulta bloccata tra giovani e adulti per le troppe divergenze e/o chiusure generazionali.

 E qual è il distintivo dei giovani? Senza rischio di poter sbagliare, penso sia la forza del desiderio, la capacità di sognare, anche quando si paventa la possibilità dell’errore, come l’anelito della Sirenetta: “Vorresti andar sulla terra, non sai che sbaglio fai…Invece sulla terra il pesce è triste assai, rinchiuso in una boccia che brutto destin avrà”.

Se il desiderio è il propellente nella vita dei giovani, è pure vero che esso va accolto e valutato dagli adulti attraverso il discernimento: bisogna abbandonare tutto ciò che assomiglia più a un capriccio e non attiene alla sfera dell’essenzialità. Su queste barriere, infatti, molti desideri si infrangono perché coincidono con le mode del momento, con gli stereotipi generazionali, con la subdola tensione pubblicitaria che induce nei giovani bisogni superflui.

Gli educatori (genitori, insegnanti, catechisti, …) hanno il compito di incanalare i desideri nel percorso della crescita e di portarli a progressiva maturazione al fine di garantire il successo formativo della persona nella sua specificità dell’essere.

Educare il desiderio, soprattutto nei ragazzi, significa non vivere un’esistenza fluttuante, affidata all’attimo fuggente e alla contingenza delle esperienze e degli incontri quotidiani. In una battuta, si tratta di raggiungere un’identità unitaria. È questa la finalità di “Frozen”, espressa nel canto “All’alba sorgerò”, quando la protagonista pur vedendosi “ormai sola” solennemente afferma: “D’ora in poi vivrò la mia identità. E vivrò, sì vivrò per sempre in libertà”.

Cari amici, questo è l’unico modo per vivere il presente senza lasciarsi condizionare eccessivamente. Per noi cristiani, l’identità si costruisce in modo serio e duraturo soltanto in un clima di libertà, che crea comunione con il prossimo, ma impedisce qualsiasi pretesa di dominio e di manipolazione. Sulla Terra tutti facciamo esperienza di eternità. Ci sono nella vita di ciascuno attimi preziosi, quando in un autentico incontro scopri l’oceano interiore di uno sguardo e l’altro come un miracolo; quando senti le vene gonfie di vita … Tale esperienza ha segnato i nostri giovani nell’incontro con i bambini dell’ospedale: l’eternità affiora misteriosamente come profezia di una vita in pienezza. Ogni azione compiuta con tutto il cuore avvicina all’assoluto di Dio; è mettersi in viaggio verso il volto bello di Dio.

Beati i puri di cuore perché vedranno tracce della Bellezza dovunque.

   Un ultimo passo mi sembra necessario perché il discorso risulti accettabile, seppur non pienamente esaustivo. Si tratta, attingendo alle provocazioni dello spettacolo in oggetto, dell’atteggiamento giusto da assumere di fronte alla vita, valido per i ragazzi e per gli adulti: indagare sul valore della crescita.

Le parole del canto “Sulle ali del mondo”, che facevano da sfondo alla storia di Peter Pan: “Nel cielo infinito volerò. Resterò per sempre bambino. È questo il destino che incontrerò…E mi farò male quando cadrò, ma tu poi mi resterai accanto, nel riso e nel pianto, e mi rialzerò…” sollecitano e incoraggiano un’ulteriore riflessione. Questo evento ci obbliga a concludere che se da una parte i giovani imparano molto misurandosi con la realtà circostante, dall’altra l’apprendistato della vita è realmente efficace quando si affronta ogni situazione e problema con lucidità e senso di responsabilità.

Per questo i ragazzi hanno bisogno di assumere in modo consapevole le prospettive della crescita.

E gli adulti, particolarmente gli educatori?

Costoro devono avere chiaro che non si finisce mai di crescere. L’adultità, infatti, è un insieme di tappe che vengono affrontate per tutto il corso della vita. Superarle con successo non è automaticamente una conferma della propria crescita, perché tante volte una crisi aiuta a migliorare più di un momento felice. Nella fatica di ogni giorno vogliamo e dobbiamo essere seminatori di speranza tra i giovani e con i giovani, rinnovando nella fede l’invito a diventare creature nuove, ricche di creatività e animate dall’amore. La passione per Dio nasce dall’avere scoperto la bellezza di Cristo. Dio non ci attira perché è onnipotente, non ci seduce perché è onnisciente, per queste cose lo si può anche ammirare, perfino obbedire, ma non amare.

Dio ci seduce con il volto d’amore e la vita bella di Cristo perché preferisce essere amato che obbedito.

Auguro a tutti che le provocazioni della “Disney Music Therapy” possano fungere da buon supporto terapeutico per affrontare questo nuovo anno, con sempre maggiore libertà e responsabilità. 

                                                                                                                                  p. Ettore

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